Il Ministero della Salute definisce il termine Ludopatia – o gioco d’azzardo patologico – come l’incapacità di resistere all’impulso di giocare d’azzardo o di fare scommesse, nonostante l’individuo che ne è affetto sia consapevole che questo possa portare a gravi conseguenze.
Affronteremo la ludopatia attraverso la descrizione un percorso reale di psicoterapia breve strategica relativo proprio al gioco d’azzardo.
Simone (nome di fantasia) ha cinquant’anni e gioca con i gratta e vinci da circa venti. Ha cominciato proprio con l’uscita dei primi biglietti, all’epoca a metà degli anni novanta si chiamavano “Amore e fortuna “Sette e vinci”, S. racconta che ne comprava alcuni il sabato, durante il fine settimana, giusto per giocare.
La passione per il gioco è sempre stata presente nel corso della sua vita: la schedina del totocalcio, il poker con gli amici, ogni tanto qualche puntata al Casinò. Tuttavia S. non avrebbe mai pensato di poter sviluppare problemi legati al gioco d’azzardo, ludopatia, addirittura non credeva neanche si trattasse di una reale patologia o una dipendenza. Solamente dopo molti anni si è reso conto di ritrovarsi intrappolato in un circolo vizioso, dal quale non sarebbe mai riuscito ad uscire da solo.
La frequenza con la quale S. gioca nel corso degli anni è regolare, passando da una modalità “solo fine settimana” ad una giornaliera.
Tutto dipende dalla disponibilità economica, le giocate sono molto frequenti subito dopo il pagamento dello stipendio, riducendosi molto verso fine mese. La sofferenza degli ultimi giorni del mese, legata all’impossibilità di giocare, viene ampiamente ripagata proprio con l’arrivo della busta paga.
Il piacere connesso con il grattare e scoprire se vi è una vincita o meno porta lentamente a strutturarsi una vera e propria patologia di dipendenza.
Per quanto riguarda la sfera famigliare, S. è sposato e ha un figlio adolescente, nel corso degli anni S. è sempre riuscito a mantenere un equilibrio fra gioco, famiglia e lavoro. La moglie non si è quasi mai accorta di nulla, solo negli ultimi anni con l’aumentare delle giocate e di conseguenza delle spese, il problema è venuto a galla.
Tale situazione ha portato ad un inasprimento della loro relazione, tanto che viene addirittura cacciato di casa, e proprio in seguito a tale allontanamento, S. decide di intraprendere un percorso di psicoterapia, per poter superare la dipendenza da gioco.
Sin dai primi incontri emerge da subito come, recarsi presso la tabaccheria per effettuare l’acquisto, genera una sensazione di tensione mista ad eccitazione, che S. sente di dover assolutamente soddisfare. Se non vi è possibilità, per problematiche di tipo economico, S. vive una sensazione di tristezza, disagio e sconforto. Subito dopo aver giocato e aver “buttato via”, come dice S., i soldi, si genera invece un senso di colpa che lo fa soffrire e sentire umiliato. Quello che accade è contradditorio, tale sensazione di sofferenza e fastidio per aver giocato, invece di fare diminuire la voglia di giocare, lo predispone ad una nuova giocata.
Il lavoro clinico ha fatto leva sulla motivazione che S. presenta ad uscire da tale problema, per potersi riprendere la famiglia.
Riesce sin da subito a rimanere “astinente” e quindi evitare di giocare. Vengono affrontati i vissuti di tristezza e senso di colpa nei confronti della famiglia, dei soldi spesi che non torneranno mai più, e di umiliazione e fallimento personale.
La difficoltà è quella di gestire la sensazione di dolore senza eliminarla ma canalizzandola lentamente, in modo da essere nuovamente lucido. L’utilizzo della scrittura, in tale senso, attraverso una narrazione epistolare dei momenti che lo hanno fatto soffrire maggiormente, ha portato ad ottimi risultati. Si è infine resa necessaria una ristrutturazione della realtà, per potersi riprendere in mano la sua vita completamente, senza la presenza del gioco, ma con nuovi stimoli ed interessi.
Ad oggi sono circa due anni che S. non gioca.
Categorie: Dipendenze
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