Camminare all’aria aperta riduce lo stress e migliora il benessere sia a livello fisico che mentale, così consigliano esperti e ricercatori. Per tale motivo, e non solo, durante l’estate insieme a mio padre abbiamo percorso il Cammino dei Briganti, un percorso di circa 100 km con svariati dislivelli, tra paesi medievali e natura selvaggia, tra Abruzzo e Lazio. Un’esperienza che si è rivelata formativa e di crescita personale, camminare implica molte dinamiche da non sottovalutare. La gestione della fatica, la tenacia nell’arrivare alla meta, la gestione dei tempi di riposo. Inoltre vi sono notevoli aspetti emotivi: la paura di perdere la strada e degli animali selvatici, il superamento dei limiti personali, lo sviluppo della risolutezza e della concentrazione. Camminare è un efficace strumento per ridurre lo stress e ritrovare una serenità a livello emotivo.
L’articolo di oggi riporta le sensazioni e le emozioni vissute da mio padre a fine percorso, una testimonianza sincera e trasparente, in cui emerge il ruolo primario del cammino, come filo conduttore di ogni esperienza vissuta.
La testimonianza
Chi legge queste note probabilmente avrà in mente di percorrere il Cammino, oppure, come nel mio caso, lo ha appena concluso e cerca di prolungare ancora per qualche giorno le sensazioni che ha provato.Il cammino lo abbiamo percorso in due (figlio e padre), mi piacerebbe raccontare la nostra storia ma interesserebbe solo a pochissimi (forse agli amici incontrati in viaggio?) e allora preferisco raccogliere alcuni appunti di viaggio e condividere qualche commento, a partire dalla bella prefazione di Luca Gianotti alla Guida “Il Cammino dei briganti”, che invito tutti a leggere e dalla quale è estratto il brano seguente:
“Infine in cammino proverete tante bellissime esperienze, sentimenti, emozioni, avventure, incontrerete gente sincera e ospitale, attraverserete paesaggi veri, non addomesticati, suderete, farete fatica, vi perderete …e alla fine sorriderete dentro e fuor di voi, vi abbraccerete…”
E’ tutto vero, non c’è nulla di retorico, Luca Gianotti coglie bene l’essenza di questo viaggio, i paesaggi sono incontaminati, la natura è al centro dei tuoi pensieri, il caldo e la fatica sono i motori della soddisfazione interiore, la gente è schietta e ospitale, la vita assume un ritmo diverso, una volta provato il quale rimane difficile tornare alla normalità (o a quella ritenuta tale).
Sul Cammino dei briganti si incontrano tante persone (anche se di molti poi si perdono i nomi), con alcune si percorrono insieme lunghi tratti di strada; sul cammino si lega facilmente, si scambiano opinioni e commenti, ci si aiuta nell’orientamento, si passano informazioni, si condivide una sosta (e magari anche una birra), non ci si sente mai soli.
Nelle strutture che ci hanno ospitato e presso le quali ci siamo adeguatamente ristorati (in un paio di casi al limite delle nostre forze) siamo stati accolti sempre con grandissima cordialità, cortesia e disponibilità, per questo non mi sento di attribuire ad alcuno una o più stelle come si usa nelle graduatorie delle guide specializzate. Un abbraccio ideale e sincero va a tutti loro e anche a tutte quelle persone – e sono state tante – che ci hanno offerto caffè o acqua lungo il cammino o anche solo qualche colorito e piacevole racconto di storia locale.
Una domenica pomeriggio a Leofreni sono tornato indietro agli anni della mia adolescenza, quando gli uomini si ritrovavano al bar dopo il pranzo della domenica e giocavano a carte fino all’ora di cena. L’importanza dei valori e delle relazioni umane, mi hanno fatto sentire in pace con me stesso e con il mondo, un vero e proprio “Piccolo mondo antico“. In realtà Leofreni non si trova sulla rotta del Cammino dei briganti, ci si arriva facendo una piccola deviazione dal percorso, al termine della tappa di Nesce. Il gentilissimo Gabriele Paluzzi ci viene a prendere con l’auto perché il paese si trova a 8 km di distanza, alloggiamo in un appartamento molto carino nel centro storico e alla sera siamo ospiti della signora Flavia, del papà Angelo, di Gabriele e delle sorelle Francesca ed Elena. Una cena gradevole e oltremodo soddisfacente, una compagnia piacevolissima, un ambiente familiare che abbiamo apprezzato moltissimo. Se mi è consentito un commento disinteressato, mi sento di suggerire di prendere in considerazione questa variante dal percorso: non influisce sul cammino perché si arriva e si riparte esattamente dallo stesso paese: Nesce.
Concludo con un ultimo commento per coloro che si lamentano del fatto che in alcuni punti le indicazioni non sono chiare, sono carenti o assenti del tutto. Pur condividendo la necessità di un qualche minimo intervento migliorativo, rispondo dicendo che il Cammino dei briganti è bello anche per questo, per quella parte di avventura che accompagna sempre un viaggio vero nella natura. Altrimenti avremmo potuto scegliere di andare a passeggio in città, non vi pare?. Ragazzi: se ce l’ho fatta io – ad essere onesto con l’aiuto dell’esperto e in qualche caso tecnologico navigatore-figlio – beh, allora ce la possono fare tutti, nessuno escluso. Mi rivolgo principalmente agli “under 66”, agli “over 66” mi rivolgerò il prossimo anno.
Ciao L., M., C. e accompagnatori del cane O. (non ricordo i vostri nomi ma ho in mente benissimo il nostro arrivo insieme a destinazione e il “profumo di bibite fresche” che “sentivamo” dall’ultimo fontanile…), ciao amici di Bologna, Verona, etc. etc., il ritorno è sempre un po’ velato di nostalgia.
Nelle foto rispettivamente i “Casali di Cartore”, il “Monte Velino” e “Santa Maria in Porclaneta”.
Categorie: Ansia e panico
Tag: Stress
Torna al blog