Ortoressia: quando il cibo sano diventa una prigione

28 Maggio 2025 Categoria: Disturbi Alimentari

Ortoressia: quando il cibo sano diventa una prigione

L’ortoressia si caratterizza per la tendenza a cercare di “mangiare bene”. Mangiare bene fa bene. Ma cosa succede quando il desiderio di alimentarsi in modo sano si trasforma in un’ossessione? Quando ogni pasto diventa un campo minato, ogni scelta alimentare un banco di prova morale, e ogni “sgarro” una colpa da espiare?

In questi casi, non si parla più di semplice attenzione alla salute, ma di ortoressia nervosa, un disturbo alimentare ancora poco conosciuto, ma in crescente diffusione.

Cos’è l’ortoressia?

Il termine ortoressia deriva dal greco orthos (“giusto”) e orexis (“appetito”): si riferisce a un’ossessione patologica per il cibo sano. Chi ne soffre è iper-focalizzato sulla qualità degli alimenti, tende a eliminare interi gruppi alimentari considerati “impuri” o “nocivi”, e può arrivare a compromettere la propria salute fisica e la vita sociale nel tentativo di mantenere il “controllo” su ciò che mangia.

A differenza di altri disturbi alimentari come l’anoressia o la bulimia, l’ortoressia non è motivata dal desiderio di dimagrire, ma da una ricerca esasperata di purezza, salute e perfezione.

Quando l’attenzione diventa ossessione

In una società che idealizza la forma fisica e propone modelli alimentari sempre più rigidi, è facile cadere nella trappola del “mangiare sano a tutti i costi”. Il confine tra cura e ossessione è sottile.

Alcuni segnali che possono indicare la presenza di ortoressia:

– Passare molto tempo a pensare, pianificare o parlare di cibo “sano”.
– Evitare rigidamente alimenti considerati “impuri” (es. zuccheri, glutine, latticini, conservanti).
– Sentimenti di colpa, vergogna o ansia dopo aver mangiato qualcosa di non previsto.
– Isolamento sociale: evitare cene, inviti o ristoranti per non perdere il controllo sull’alimentazione.
– Sensazione di superiorità morale legata al proprio stile alimentare.

Il punto di vista della Terapia Breve Strategica

Nell’approccio della psicoterapia breve strategica, l’ortoressia viene letta non tanto come una malattia da “curare”, ma come un tentativo disfunzionale di gestire il proprio mondo interno attraverso il controllo sul cibo.

La persona non sceglie di stare male, ma mette in atto comportamenti che inizialmente sembrano offrire sollievo o sicurezza. Il problema nasce quando queste soluzioni diventano una prigione: più si cerca di controllare, più si perde il controllo.

In terapia non si lavora sulla teoria, ma sull’esperienza concreta, proponendo manovre che permettono alla persona di sperimentare un modo diverso di relazionarsi con l’alimentazione, con il corpo, con le proprie emozioni.

Attraverso interventi brevi, mirati e costruiti su misura, si mira a:

  • rompere le rigidità comportamentali,;
  • disinnescare le paure legate alla perdita di controllo;
  • ristrutturare la percezione del cibo, che smette di essere una minaccia o un dovere, per tornare ad essere una scelta.

Il cambiamento non è solo possibile: è spesso sorprendentemente rapido, quando si lavora nella direzione giusta.

Da dove iniziare?

Prendersi cura di sé significa anche saper essere flessibili, accogliere l’imperfezione e concedersi un margine di libertà. Se ti riconosci in alcuni di questi comportamenti, o conosci qualcuno che ne è coinvolto, non minimizzare.

L’ortoressia non è solo una moda estrema: è un segnale di un disagio più profondo che può essere affrontato, si può uscire da questa “gabbia”. E si può tornare a vivere il cibo con più leggerezza.

 

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