Disturbi del Comportamento Alimentare

I disturbi del comportamento alimentare possono essere rappresentati principalmente in quattro differenti tipologie: anoressia, bulimia, vomiting, binge eating.
Uno degli aspetti che accomuna tutte queste problematiche è il rapporto con il cibo. In particolare la ricerca della forma fisica o di poter essere magri ed in forma a livello muscolare. La dieta può essere lo strumento per ottenere i risultati sperati. Ne esistono di ogni tipo, a base di qualsiasi cosa, il principio di base è di solito quello di introdurre meno calorie in modo da ridurre l’impatto delle stesse calorie e dimagrire. Questo tipologia di ragionamento è chiaramente errato, in quanto ognuno di noi immagazzina e brucia il cibo in maniera differente.

La dieta, così come le restrizioni alimentari, i digiuni, le abbuffate sono tutti aspetti che caratterizzano le varie tipologie di disturbi del comportamento alimentare. Nelle specifiche tipologie di disturbi approfondiremo proprio le caratteristiche e i criteri con le quali si differenziano.

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Disturbi del Comportamento Alimentare

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Tra i disturbi alimentari più comuni troviamo l’anoressia. L’anoressia si caratterizza per una graduale e progressiva riduzione della quantità di cibo ingerita. Inoltre si rileva un notevole calo di peso, spesso al di sotto del proprio peso forma. Il cibo viene vissuto come un nemico che deve essere combattuto.

Parola chiave nell’anoressia è l’astinenza. Non solamente nel rapporto con il cibo, ma anche rispetto ad ogni esperienza della persona. In particolare un’astinenza che riguarda tutte le sensazioni piacevoli sia a livello personale che a livello sociale. Una sorte di prigione che protegge  le persona con problematiche di anoressia, dalla loro sensibilità, sino però a renderle prigioniere.

L’ossessione per la magrezza, attraverso il controllo delle proprie emozioni, delle sensazioni piacevoli e del cibo, porta ad un tentativo di controllo così ben riuscito nei confronti dell’alimentazione da non riuscirne più a farne a meno. Un controllo che diventa rigidità e chiusura in se stessi. 

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L’anoressia giovanile colpisce spesso in un momento delicato della crescita, quando il corpo cambia, l’identità si costruisce e il confronto con gli altri diventa sempre più centrale. In questa fase, il controllo del cibo può trasformarsi in un linguaggio silenzioso per esprimere disagio, bisogno di riconoscimento o paura di non essere all’altezza.

Il rifiuto del cibo non è solo un desiderio di magrezza, ma anche un tentativo di affermare la propria identità, di sentirsi forti, padroni di qualcosa in un periodo di vita in cui tutto sembra incerto. A volte, dietro la rigidità alimentare si nasconde il bisogno di essere visti, di rallentare il cambiamento, di mettere distanza da emozioni troppo intense.

Intervenire precocemente è fondamentale, perché l’anoressia può radicarsi rapidamente e diventare una modalità di funzionamento che rischia di isolare il giovane dalla famiglia, dagli amici e da sé stesso.

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Nella bulimia il cibo viene percepito come un piacere irrinunciabile, si caratterizza per un desiderio continuo di mangiare che si spinge sino ad arrivare a vere e proprie abbuffate. In questi casi spesso il peso aumenta sino a portare il corpo ad un sovraccarico eccessivo.

Vi sono persone che vivono in un continuo alternarsi periodi di dieta ferrea (controllo) con conseguente perdita di peso a periodi di abbuffate senza freno (perdita di controllo). Spesso il cibo ha un significato più profondo, permette di colmare un vuoto emotivo, compensa le mancanze e protegge da quelle sensazioni altrimenti intollerabili.

Le soluzioni che la persona mette in atto per risolvere il problema che in realtà lo complicano e lo mantengono sono le seguenti:

  • dieta controllata: che ha un successo nell’immediato o comunque per un periodo di tempo limitato ma che non si riesce a mantenere nel tempo;
  • la famiglia spesso spinge la persona a mangiare meno.

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Nel “vomiting“, la persona utilizza il vomito come strategia per non ingrassare, in tale modo la persona crede di non assimilare le calorie assunte compensando il cibo ingerito.

Questo tentativo fallimentare di mantenere la linea viene ripetuto anche più volte al giorno, trasformandosi in un vero e proprio rituale piacevole. La persona attende di mangiare per avere in seguito il piacere di vomitare. Si tratta di una sorta di “demone” di fronte al quale la persona si sente completamente inerme. Qualcosa di indesiderato, ma al tempo stesso anelato in virtù della sua natura trasgressiva.

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Il binge eating è un disturbo alimentare caratterizzato da episodi ricorrenti di abbuffate, durante i quali si ingerisce una grande quantità di cibo in poco tempo, spesso accompagnata da un senso di perdita di controllo. Vi è un’alternanza fra periodi di digiuno e momenti di massicce abbuffate, passando da l’uno all’altro nell’arco di una settimana o anche di una stessa giornata. A differenza della bulimia, non seguono condotte compensatorie come il vomito o il digiuno, e ciò può portare a un rapido aumento di peso.

L’abbuffata diventa un modo per anestetizzare emozioni difficili, colmare vuoti o affrontare momenti di stress e frustrazione. Possono emergere sensi di colpa, vergogna e un forte disagio che alimentano un circolo vizioso difficile da interrompere. Il cibo diventa così rifugio, consolazione e allo stesso tempo fonte di sofferenza. Il percorso terapeutico aiuta a comprendere i significati profondi del comportamento alimentare e a costruire un nuovo rapporto con se stessi e con il proprio corpo.

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Mangiare in modo sano è un obiettivo di molti, ma quando la ricerca della perfezione alimentare diventa un’ossessione, può trasformarsi in ortoressia. Chi ne soffre sviluppa un rapporto rigido e ansiogeno con il cibo: seleziona in modo estremo gli alimenti, evita ogni ingrediente considerato “impuro” o “nocivo” e vive con forte disagio qualsiasi sgarro alla propria dieta.

L’ortoressia non riguarda tanto la quantità di cibo, quanto la sua qualità percepita. Il pensiero alimentare occupa gran parte della giornata e finisce per influenzare negativamente la vita sociale, familiare e lavorativa. Uscire a cena, accettare inviti o mangiare qualcosa di non “controllato” può diventare motivo di forte stress o colpa.

Se senti che il tuo desiderio di mangiare sano ti sta isolando o ti sta togliendo serenità, è il momento di fermarti e chiederti se c’è un altro modo per prenderti cura di te.

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